Recensione “Il tallone di ferro” di Jack London

Recensione “Il tallone di ferro” di Jack LondonIl tallone di ferro di Jack London
Pubblicato da: Feltrinelli il 05/11/2014
Generi: Distopia
Pagine: 257
Formato: Copertina Flessibile
two-stars
Recensione senza spoiler

Pubblicato nel 1907, questo romanzo di Jack London rappresenta un esempio insuperato di “fantascienza verista”: impeccabile e profetico nella sua analisi sociale e politica ma, al contempo, senza freni nell’invenzione di una realtà distopica eppure sinistramente familiare. Testo di autentica chiaroveggenza sui destini della società capitalistica, Il Tallone di Ferro è uno dei più allucinati e veridici affreschi della società dominata dal profitto, dipinta nella sua durezza senza scampo, nella sua oppressione generalizzata, nei suoi impliciti e inevitabili sbocchi di violenza e massacro. Il profeta lucido e impavido dello scarto tra le speranze dell’umanità e le condizioni in cui gli uomini si trovano a vivere è Ernest Everhard, l’eroe, il combattente per la libertà (un personaggio memorabile cui Ernesto Che Guevara deve il nome di battesimo). Il racconto della sua vita e del suo pensiero è affidato al diario dell’amata Avis, figlia viziata di una ricca famiglia borghese che apre gli occhi, attraverso l’amore per Ernest, sull’intollerabile oppressione attuata dalla classe sociale cui appartiene, fino alle estreme conseguenze. Un feroce, visionario capolavoro.

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Il tallone di ferro di Jack London è considerato uno dei primi libri del genere distopico, uno dei miei generi preferiti. Per questo motivo ho deciso di leggerlo, ma purtroppo avevo idee ed aspettative differenti da quello che poi si è rivelato essere questo libro.

Trama

Il tallone di ferro è strutturato come se fosse un manoscritto scritto da Avis Everhard ritrovato settecento anni dopo da Anthony Meredith, il quale lo arricchisce di note e di correzioni.

Più di metà libro è occupata dai dialoghi di Ernest Everhand, marito di Avis, tutti riguardanti la sua ideologia politica, quella del socialismo. Per oltre 150 pagine veniamo quindi riempiti di politica, senza nessun accenno di trama. Nelle ultime pagina finalmente si sviluppa un minimo di storia quando l’oligarchia, ovvero i “potenti che controllano tutto”, prende il potere pressoché totalitario del paese. Da qui la storia prosegue con un paio di mini-storie fini a sé stesse (per esempio Ernest che va in prigione o Avis che descrive il suo nascondiglio), per poi giungere alla fase finale del libro. Questa cambia il ritmo del libro, che passa dalla lentezza assoluta all’azione bruta, ma purtroppo dura solo poche pagine.

La cosa che non ho apprezzato del libro è la sua prolissità nei dialoghi politici. Per quanto venga definito una distopia, credo sia più corretto definirlo manifesto politico.

Edizione

L’edizione purtroppo manca dell’introduzione di Anthony Meredith, per questo motivo spesso non capivo le note (credevo fossero note del traduttore o di colui che ha fatto l’introduzione per la Feltrinelli), fino a circa metà libro dove finalmente una nota parlava di “700 anni dopo questi avvenimenti”, e da lì mi sono informato a riguardo. Non comprendo perché tale introduzione, parte integrante del libro, sia stata rimossa.

In linea generale si tratta della classica edizione economica Feltrinelli, ottima sotto tutti i punti di vista considerando l’ottimo prezzo.

Conclusioni

Un manifesto politico sul socialismo che diventa una distopia solo nelle ultime pagine. Proseguire la lettura per me non è stato facile, quindi non mi sento di consigliarlo.

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