Recensione “Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood

Recensione “Il racconto dell’ancella” di Margaret AtwoodIl racconto dell'ancella di Margaret Atwood
Serie: Il racconto dell'Ancella #1
Pubblicato da: Ponte alle Grazie il 2019
Generi: Distopia
Pagine: 398
Formato: Copertina Flessibile

Recensione senza spoiler

In un mondo devastato dalle radiazioni atomiche, gli Stati Uniti sono divenuti uno Stato totalitario, basato sul controllo del corpo femminile. Difred, la donna che appartiene a Fred, ha solo un compito nella neonata Repubblica di Galaad: garantire una discendenza alla élite dominante. Il regime monoteocratico di questa società del futuro, infatti, è fondato sullo sfruttamento delle cosiddette ancelle, le uniche donne che dopo la catastrofe sono ancora in grado di procreare. Ma anche lo Stato più repressivo non riesce a schiacciare i desideri e da questo dipenderà la possibilità e, forse, il successo di una ribellione. Mito, metafora e storia si fondono per sferrare una satira energica contro i regimi totalitari. Ma non solo: c'è anche la volontà di colpire, con tagliente ironia, il cuore di una società meschinamente puritana che, dietro il paravento di tabù istituzionali, fonda la sua legge brutale sull'intreccio tra sessualità e politica. Quello che l'ancella racconta sta in un tempo di là da venire, ma interpella fortemente il presente.

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Il racconto dell’ancella narra di un futuro (ormai passato) dove poche donne sono rimaste fertili e, vista la loro utilità, vengono usate come schiave per la riproduzione. Il romanzo parte quindi con un concetto interessante, che però non viene approfondito né supportato da una trama valida.

Trama

Il racconto dell’ancella non ha una trama, ma bensì un paio di eventi casuali, qualche dialogo fine a sè stesso, innumerevoli pensieri introspettivi e nulla di più. L’unico motivo per cui proseguivo la lettura era per scoprire di più sulla distopia, su come funzionava quel mondo fittizio e per capire come si fosse arrivati a quel punto. Curiosità per altro non soddisfatte.

Nella prima metà del libro siamo lasciati a brancolare nel buio di una trama inesistente, senza sapere nulla sui personaggi, sul mondo e sulle vicende attuali. Le informazioni ci vengono fornite in modo risicato, giusto quel che basta per proseguire per un’altra decina di pagine. La trama non avanza, seguiamo solamente le giornate tutte uguali della protagonista.

Nella seconda metà qualcosa inizia a muoversi, si potrebbe pure pensare che possa nascere qualcosa simile a una trama. Scopriamo più dettagli sul mondo, un paio di eventi modificano la vita monotona della protagonista, portandola finalmente a fare scelte anche rischiose. Arriviamo al climax, la vita della protagonista sta per cambiare drasticamente e… il libro finisce.

Nel punto esatto in cui un libro dovrebbe iniziare, Il racconto dell’ancella si conclude.

Personaggi

I personaggi de Il racconto dell’ancella sono anonimi e per nulla caratterizzati. Questo rende impossibile creare un legame con loro, portando a una totale indifferenza per ciò che gli succede. L’autrice cerca continuamente di creare situazioni di ansia accennando a possibili pericoli e rischi per la protagonista e le persone a lei care, ma difficilmente venivo coinvolto perché non mi importa granché di personaggi di cui non so nulla.

Worldbuilding

Ogni distopia che si rispetti dovrebbe avere un ottimo worldbuilding. Purtroppo ne Il racconto dell’ancella il worldbuilding si limita a spiegare – in modo molto sintetico – solo pochi elementi, lasciando il resto nell’ignoto. Oltretutto le spiegazioni sono banali e generiche, sfruttando spesso espedienti per “spiegare” senza però davvero spiegare.

Per esempio, perché la fertilità è diminuita? Nel libro ci viene detto che è colpa dei contraccettivi, delle centrali nucleari, dell’inquinamento e così via. Motivazioni semplici per risolvere in modo rapido il quesito.

Altro errore, a mio parere, è stato definire troppo nel dettaglio l’epoca d’ambientazione del libro. Tramite descrizioni o riferimenti diretti, spesso ci viene detto che siamo nel 1980 circa, cosa che rende Il racconto dell’ancella molto legato al passato. Leggendolo non mi viene da pensare al futuro, perché troppo spesso mi viene ricordato di essere nel passato. Un buon libro distopico dovrebbe essere attuale in qualsiasi epoca lo si legga, indipendentemente dall’anno in cui è stato scritto. 1984 di George Orwell è un libro uscito circa 40 anni prima, ma ancora oggi rimane un libro senza tempo. Leggendolo non ci sembra di essere nel passato, ma immaginiamo un possibile futuro.

Stile di Scrittura

Lo stile di scrittura è molto complesso e contorto. I periodi sono lunghi e ricchi di metafore e altre figure retoriche, il che rallenta la lettura.

Per farvi comprendere meglio la complessità della prosa de Il racconto dell’ancella, copio qui una frase presente nella prima pagina.

Una balconata per gli spettatori correva tutt’attorno allo stanzone, e mi pareva di sentire, vago come l’aleggiare di un’immagine, l’odore acre di sudore misto alla traccia dolciastra della gomma da masticare e del profumo che veniva dalle ragazze che stavano a guardare, con le gonne di panno che avevo visto nelle fotografie, poi in minigonna, poi in pantaloncini, con un orecchino solo e i capelli a ciocche rigide, puntute e striate di verde.

8 virgole e 73 parole. Purtroppo frasi del genere sono la regola, non l’eccezione.

Conclusioni

Un libro difficile da leggere sia per la prosa che per la mancanza di trama. Il concetto di base aveva molto potenziale, ma il libro non vale la pena di essere letto.

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