Serie: Trilogia della Frontiera #1
Pubblicato da: Einaudi il 03/09/2014
Generi: Avventura
Pagine: 299
Formato: Copertina Flessibile
Recensione senza spoiler
Acquista qui: Amazon, LaFeltrinelli, IBS, Mondadori, LibraccioTexas, 1949. Lacerato ogni legame che lo stringeva alla terra e alla famiglia, John Grady Cole sella il cavallo e insieme all'amico Rawlins si mette sull'antica pista che conduce alla frontiera e più in là al Messico, inseguendo un passato nobile e, forse, mai esistito. Attraverso la vastità di un territorio maestoso e senza tempo, i due cowboy, cui si aggiunge il tragico e selvaggio Blevins, intraprendono un viaggio mitico che li porterà fin nel cuore aspro e desolato dei monti messicani. Qui la vita sembra palpitare allo stesso ritmo dei cavalli bradi e gli occhi di Alejandra possono "in un batter di cuore sconvolgere il mondo". Con una narrazione che all'asciuttezza stilistica di Hemingway unisce la ritmicità incantatoria di Faulkner, McCarthy strappa al cinema il sogno western e lo restituisce, con sorprendente potere evocativo, alla letteratura.
“Cavalli selvaggi” è il primo libro della Trilogia della Frontiera di Cormac McCarthy, ambientata sulla frontiera, appunto, tra Stati Uniti e Messico.
In questo primo libro seguiamo di John Grady Cole e Rawlins che, decisi a trovare una vita migliore, più vicina ai loro ideali, fuggono dalle loro case in Texas per dirigersi in Messico. Durante il viaggio, narrato egregiamente da McCarthy, i due ragazzi si troveranno ad affrontare diverse difficolta, fino a raggiungere un ranch dove troveranno lavoro. La storia ovviamente prosegue, ma per questa recensione basta questa introduzione.
L’ambientazione del libro spazia dal rurale Texas ai villaggi messicani, luoghi da me mai visitati, ma che grazie alle descrizioni evocative di McCarthy ho potuto vivere come se fossi presente. I cavalli sono un elemento fondamentale del libro e, anche in questo caso, l’autore spiega senza mai annoiare come John Grady cavalca o come doma un cavallo selvaggio, argomenti a me poco noti ma che comunque ho trovato chiari e interessanti.
La prosa è la classica di Cormac McCarthy, minimalista ma evocativa, con dialoghi veloci. I segni di punteggiatura sono ridotti al minimo, lo spazio viene lasciato alle parole.
“Cavalli selvaggi” è un libro che ho amato e un esempio perfetto della narrativa western che desidero leggere.