Recensione “Accabadora” di Michela Murgia

Recensione “Accabadora” di Michela MurgiaAccabadora di Michela Murgia
Pubblicato da: Einaudi il 20/05/2014
Generi: Narrativa
Pagine: 166
Formato: Copertina Flessibile
four-stars
Recensione senza spoiler

«Acabar», in spagnolo, significa finire. E in sardo «accabadora» è colei che finisce. Agli occhi della comunità il suo non è il gesto di un'assassina, ma quello amorevole e pietoso di chi aiuta il destino a compiersi. Perché è lei l'ultima madre.
Maria e Tzia Bonaria vivono come mamma e figlia, ma la loro intesa ha il valore speciale delle cose che si sono scelte. La vecchia sarta ha visto Maria rubacchiare in un negozio, e siccome nessuno la guardava, ha pensato di prenderla con sé, perché «le colpe, come le persone, iniziano a esistere se qualcuno se ne accorge». E adesso ha molto da insegnare a quella bambina cocciuta e sola: come cucire le asole, come armarsi per le guerre che l'aspettano, ma soprattutto come imparare l'umiltà di accogliere sia la vita sia la morte.

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Accabadora” di Michela Murgia è un romanzo che esplora la cultura e le tradizioni della Sardegna attraverso gli occhi della giovane protagonista, Maria. Maria è una bambina adottata da Bonaria Urrai, una donna anziana conosciuta nel villaggio come “l’accabadora”, un ruolo tradizionale legato all’assistenza nel momento della morte. Mentre Maria cresce sotto la tutela di Bonaria, scopre il significato e il peso del ruolo dell’accabadora, confrontandosi con questioni morali e etiche profondamente radicate nella cultura sarda. La trama si sviluppa tra segreti, scoperte e conflitti interiori, offrendo uno spaccato delle antiche tradizioni e del modo di vivere sardo.

Questo è il primo libro di Michela Murgia che leggo e, considerata la sua nota figura pubblica e le sue posizioni femministe, mi aspettavo un’opera più marcatamente improntata su tematiche di genere. Invece, “Accabadora” si rivela un esempio di narrativa pura, focalizzata più sulla narrazione di una storia personale e culturale piuttosto che su una dichiarazione ideologica. La scrittura è ben curata e scorrevole, con una prosa che cattura l’attenzione e rende la lettura piacevole.

Tuttavia, ho incontrato alcune difficoltà con i nomi in sardo dei personaggi e dei luoghi. A volte, i personaggi vengono chiamati con più nomi, creando una certa confusione. Questo, però, aggiunge autenticità al racconto; sarebbe stata innaturale la presenza di personaggi sardi con nomi lombardi, per esempio. La scelta di mantenere i nomi originali in sardo è coerente e contribuisce a creare un’atmosfera autentica e immersiva.

Ciò che rende “Accabadora” particolarmente interessante è la finestra che apre sulla cultura sarda di una volta, più che la storia stessa, che personalmente non mi ha lasciato molto. Il romanzo offre uno sguardo affascinante sulle tradizioni e sul modo di vivere di una comunità sarda, esplorando temi come l’adozione, la morte e l’etica attraverso il prisma delle usanze locali. La rappresentazione di queste tradizioni offre un contesto ricco e stimolante, sebbene la trama in sé possa non coinvolgere tutti i lettori allo stesso modo.

In conclusione, “Accabadora” è una lettura che merita di essere esplorata, soprattutto per chi è interessato a scoprire aspetti meno noti della cultura sarda. Michela Murgia offre una narrazione coinvolgente e ben scritta, che pur senza essere una dichiarazione femminista, riesce a esplorare profondamente la condizione umana e le tradizioni di una terra affascinante. Anche se la storia non mi ha lasciato un’impressione duratura, la rappresentazione culturale e l’autenticità dei dettagli rendono il libro un’opera interessante e meritevole di attenzione.

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